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Giovedì 27 Dicembre 2012
Il lavoro più duro
Un Killer apre il disco. Potrebbe sembrare l'incipit di un racconto che promette morte, ma non di storia si tratta questa volta. Un Killer è il brano omonimo che apre metaforicamente il nuovo disco del cantautore veronese Ruben, Il lavoro più duro. Titolo sibillino e carico di mistero, dato che di lavori il disco ne contiene ben quattordici. Quattordici personaggi in cerca di ascoltatore, verrebbe voglia di dire per fare il verso a Pirandello. Il disco si apre con quell'oscuro protagonista reo di praticare un lavoro serio, quello dell'assassino prezzolato che il suo mestiere lo sa fare tanto quanto un Dio, se pure costui esistesse. Io sono come Dio, asserisce il Killer medesimo, lanciando una sorta di provocazione dissacrante che si stempera nella seconda traccia Prega per me, secondo mestiere del disco, quello del prete, tratteggiato con sapienti pennellate acustiche che richiamano i colori e l'atmosfera cupa e calda delle pievi romaniche. Dopo il secondo "mestiere" ne arriva puntuale un terzo, il lavoro di chi non lavora, l'attualissimo Disoccupato. Il sound arricchito nella parte ritmica e di fiati contrasta sapientemente con la gravità del testo, proiettando Ruben tra il novero di coloro che usano accostare argomenti gravi a musiche ballabili, come solevano fare tra gli altri Dylan, De André, Bubola e compagni. Degna compare di questa sua speciale prerogativa, è la capacità i affrontare argomenti tabù o più semplicemente poco graditi con un taglio ironico. E' il caso della traccia che segue Anche questo è andato, frase messa in bocca ad un ipotetico impresario di pompe funebri, metafora quasi lieve ma non per questo meno incisiva del memento mori, che acusticamente sotto le mentite spoglie di una canzone ci ricorda della "grande livella" morte che appiana, eguaglia e passa per la strada accanto ai suoi sensali e ai suoi servi.

PR è un brevissimo ma impietoso ritratto di un mestiere in voga negli anni 80' e 90' noto appunto come Pierre, ovvero triste figura giovanile imbonitrice, melliflua e girovaga al servizio dei (loschi) gestori di discoteche, sensale di un mondo pieno di luci psichedeliche (e forse di sostanze psicotrope) che baratta scambia gli amici per clienti e i clienti per amici.

Con Vinceremo Ruben gioca in casa affrontando con autoironia il mestiere che più di tutti conosce per annoso e quotidiano esercizio, il ritorno di una ritmica incisiva saluta questo riuscitissimo affresco su un novello azzeccagarbugli che ci ricorda con mirabile metafora: e quello che era bianco sarà nero.

Quasi sottovoce per la delicata struttura melodica che la sorregge, arriva un altro figurante di questo disco, un comico protagonista del brano Ridere: Lo so ben io che il mestiere più duro è il mio, e basterebbe questo primo verso per dimostrare l'enorme capacità di sintesi dell'autore, preziosa e insostituibile attrezzo per ogni artista che voglia farsi rispettare.

Come per incanto la delicatezza amara del comico lascia il posto alla profusione di fiati e ritmiche del brano Ti racconterò, nel quale un appassionato insegnante di lettere prova amaramente ad esercitare il suo mestiere scontrandosi con un muro di disaffezione che cerca disperatamente di bucare a colpi di Paolo e Francesca, Didone ed Enea, Paride ed Elena.

Terminata la lezione appassionata dell'insegnante, Ruben concede a se stesso e agli ascoltatori un momento di ricreazione con l'intermezzo L'ozio che sinteticamente ma non per questo in maniera meno efficace, introduce un concetto caro agli antichi ma disprezzato dai distratti abitanti del mondo occidentale: l'ozio non già come padre del vizio ma momento attivo, necessario, indispensabile a patto di saperne fare buon uso.

Con Primo maggio arriva un'altra figura nel panorama delle professioni, il sindacalista stretto nella morsa delle promesse da offrire e barattare davanti al tempio della realtà, che appoggia il suo malessere su una melanconica melodia di intimo sapore. Ci pensa però il tiratissimo blues Bucato a cambiare registro, ritmando il lavoro nevrotico di una casalinga dal mattino fino all'alienazione in agguato.

Dietro di lei, con la traccia successiva una batteria di fanali pare annunciare da lontano il Mammolo, camionista appeso al suo Cb e stakanovista della guida che nello spazio di una canzone concentra tutto il suo essere.

Contratto a termine è la penultima traccia che se da un lato identifica nel precario il protagonista del brano, pare quasi metafora di una tipologia di "assunzione" firmata da ciascun essere umano con la vita: un contratto inesorabilmente a termine la cui scadenza ci è per fortuna ignota.

Chiude il disco Lucciola, archetipo del mestiere omonimo e raccontato con sapiente ironia e un pizzico di sarcasmo che appoggiano sapientemente su un abile giro di fingerpiking dello stesso Ruben, che ci regala un viaggio indietro nel tempo quando il mestiere della prostituta assolveva ad una necessità sociale, quando le lucciole stesse erano le emancipate per antonomasia.

Questo e bel altro rivela all'ascoltatore accorto il concept album Il lavoro più duro, che si identifica forse nel mestiere di chi ha provato a misurarsi senza fronzoli con i mestieri del nostro vivere, armato di strumenti acustici per compiere un viaggio affascinante, intimo, amaro e ironico come lo è questo disco unico, aperto da un Killer e chiuso da una Lucciola.



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