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Lunedì 24 Maggio 2010
Perché dio non muore
QUANDO SCEGLIAMO IL NOSTRO DIO, SCEGLIAMO
UN MODO DI VEDERE L'UNIVERSO.
CI SONO TANTE DIVINITÀ.
SCEGLIAMO LA NOSTRA.

IL DIO CHE ADORIAMO
È IL DIO CHE CI MERITIAMO
[Joseph Campbell]


«ecco, non so come dirtelo, ma è morto Dio!»: ecco un dire che – detto via cavo – lascia il fiato appeso al telefono. Fuor di metafisica e fuor di menata teologica, fuor della più nota lirica Gucciniana, più di un'anima incarna quel divino che tanto amo. Che tanto amiamo. Quel qualcuno che ha incarnato e incarna quel qualcosa oltre. Uno scarto e uno scatto: un senso aggiunto all'anima – argento del Metallo più puro dell'oro. È la purezza che ora manca, la purezza anche nel fondo della fogna di questa assurda primavera. Dove Dio non muore e dove non può morire. Non piangete, riflettete! E schifate e schivate tutte le retoriche! Si muore. È l'unica delle certezze certe. Perché piangere anziché creare? Perché piangere anziché convertire: in Bellezza – il Dolore?
«Amici non piangete, è soltanto sonno arretrato» è l'eterno espresso – epitaffio di Walter Chiari. E quanti occhi sprechi? Chi commemori nel mezzo d'alligatori pubblici? Perché esterni solo nel quando sono: drammi? Perché fiotti e dotti [soluzioni saline] in vece di un solo, tacito, ringraziare e incedere? La morte cancella peccati e peccatori. Non per questo: è un merito – morire. È la vita che incide. E Dio non muore e vive e rivive: nel tutto che ha creato. E ricreato e reso: scintilla che germoglia. Altra Arte e altra ancora. E ognuno si scelga: il suo palco e il suo patibolo. La storia è un processo – selettivo – della memoria.
Al di fuori della schiera che solo lacrima la sterilità [di stilla coccodrilla] c'è ancora chi sogna e realizza: quella verità che resta. The memory remains – e l'al di là è molto più semplice dell'al di qua. Nell'ora che ci tocca. E non manca chi sapeva: trascendere la carcassa. Siamo acqua, materia molle e qualche ossa. Una poltiglia fisica che la fine una – ci connatura. Quello che conta è quello che resta. Quello che si dona: dalla culla alla tomba. La forza e l'intelligenza di capire. Che Dio non muore. Il simbolo non muore. Ci trapassa e ci trascende. E nel per sempre: ci trascina. Dio, come Dime, vive. Come tutte quelle Anime che, per anni o per danni, per volontà o per fatalità, hanno infuocato la terra – in prometea scintilla. Siamo noi il problema. Noi che ci sentiamo orfani, traditi e abbandonati. E dimentichi degli assoluti sanciti dai nostri lirici: Please smile, smile when you think about me/My body's gone/ that's all. Chi si spegne non soffre più. È la paura che rimane in vita. E allora no, l'opera di Dio non è morta. Non può più morire: quel testimone che ci ha passato e l'ha sanguinato tutto – in prima persona, per essere: un mito. Dio, come tutti noi. Come noi tutti che non sappiamo un beneamato del sangue che il prossimo nostro ha inghiottito e sputato! Ingoiare la pillola e leccare le urine, tra l'amaro e il dolce: è un diabete dell'anima il morbo mellito che si sbrana – quando, pezzo a pezzo, finisce un'epoca. È un gioco dell'oca, un rincorrersi la coda uroborica, questa stupida pretesa di eternità fisica. Nella società che cancella ogni ruga, quanto infantile rinnegare la chiarezza naturale delle “cose oscure”? Nessuno conosce quanto – sia il tempo concesso – per dare, prima di fare spazio.
I metallari non piangono Dio, non vivono la condizione del condizionale. Se fosse... Non è stato. Lui è. L'essere presente. Qualcuno che si è scritto e qualcuno che ci scrive. L'immortale che è nato: per non morire. Il nostro mito personale. Sia un cantante, un parente, quel vecchio professore o il compagno matto del servizio civile...
Ci vogliono tante, sanguigne, primavere – per smetterla con l'onanismo del dolore. Un bimbo si deve capire, un adolescente si può perdonare, ma all'anima adulta – si deve vietare: questa mercificazione del dolore. E chi più ricorda è chi è più vicino: alla realtà della vita stessa che si consuma e che ci consuma. Forse sarebbe davvero ora di decidere, nel vano non vano della nostra solitudine – per chi e perché lottiamo, che cazzo di persone siamo e vogliamo essere. È solo questa la lezione.
Spente le luci, dopo la funzione, dopo l'estrema finzione di lacrime – perché non concediamo alla fine il diritto di esistere? Le Anime non temono la ruggine di un corpo cenere che solo: ci permette il transito.
Play your way, just like Dio!


If I could sleep at night
Then somehow I'd see
Why everything's wrong
Or maybe it's just me
Does anybody know this place that I'm in
Why I might be alone
Imagination is a terrible thing
What if I'm wrong
But here's what I've been thinking
It must be the end of the world

What ever happened to the rock and roll song
Breaking your brain
Making you stronger
They say you never hear the bullet that kills
And I don't hear a sound

It's not about a change or revolution
What's gone today is still called substitution

Don't get emotional but we're out of time
The melody's gone
And fools have got the sunshine
If I'm mistaken and I see you again
Don't leave me alone
Maybe tomorrow
Could be the end of the world

Don't make wishes
Don't waste time
Call the ones you hate
You'd say I'm sorry but they'll have to wait
For the end of the world
Bye bye bye bye bye bye


Se la notte potessi riposare
la vista – sarebbe – chiara
la ragione del tutto carente

Se di notte potessi riposare
la vista – sarebbe certo più chiara
perché è tutto, è tutto sbagliato...

La verità è: che sono io. Fine.
Chi – conosce il dove sono?
Perché potrei essere isolato:
la fantasia è un fatto feroce
se fosse – solo mio – l'errore?
[se fosse – solo mio – l'errare?]

Ecco chi sono – sono nel pensare
deve essere – la fine del mondo
tutto quello che è successo
al canto di pietra dei nostri suoni
ci spacca il cranio, tarla i pensieri
farsi forte – rende forti – per forza...

ogni cosa accaduta in canto di pietra
come consuma il cervello – il tuo
farti forte – forgiando – a forza

non senti mai – si dice – lo sparo che ti secca
e nell'ora non sento – suono uno
non si tratta: né cambio né rivolta
è la permuta – che preme il passo...

Non piagarti di pietà perché siamo fuori tempo

la melodia è morta [è morto il motivo]
e i pazzi possiedono: il punto che prilla.

Se lo sbaglio è stato: mio – e di nuovo.
ti potrò percepire [per pupille]
non lasciarmi solo [per piacere]
perché domani potrebbe essere
la fine del mondo

non dire – desideri
non perdere tempo

– Chiama chi odi

meglio avvisare e dire loro – che ti dispiace: ma
dovranno aspettare
la fine del mondo

Addio saluti addio salve addio ancora di nuovo...



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