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Lunedì 6 Ottobre 2014
Al Pubblico Nemico: Voce
  • IL CANTANTE SERIO: educa la voce. Sa usare il diaframma; non rimane afono; il suo corpo è il suo tempio perché il suo corpo è il suo strumento. Solitamente è un disadattato perché il talento e lo studio non bastano. L’eccellenza vocale non garantisce una presenza scenica eccezionale e non lo consacra automaticamente come mito. Distrutto dalle solite menate (ha talento ma non ha cuore / è tutto sentimento ma niente rigore; prende note altissime ma non mi ha colpito nelle viscere; ...) il cantante serio sa leggere uno spartito. E legge solo gli spartiti.
    Destino preconizzato: solista, corista, e insegnante di canto.
    Antidoto: nascondetegli la sciarpa e portatelo in biblioteca.

  • IL CANTANTE SIFFREDI O LIRICO: è una categoria a parte. Lo sa e se ne bulla. «Ce l’ho più lungo» (il curriculum); «ce l’ho più ampia» (l’estensione vocale è una minchia da spogliatoio: gare e gare di acuto per vedere chi prende la nota più alta); «duro di più di tutti» (non basta prendere la nota più alta, bisogna anche tenerla e mantenerla).
    Destino preconizzato: o la Scala o il sottoscala.
    Antidoto: il tempo.

  • IL CANTANTE CARISMATICO: sa di non saper cantare. È molto filosofico: sa di non sapere. Eppure. Eppure? Eppure il cantante carismatico regge la scena, e tiene il palco. Come un attore. E più di un attore. I cantanti che sono miti, sono forse la perfetta unione di tecnica talento capacità e carisma? No, bimbotti... Altrimenti esisterebbero solo due cantanti completi. Un mito non decide di essere un mito. Si nasce mito, ma non crediate che sia il pubblico a deciderlo. Il pubblico è sempre un dato di mercato, e perciò: manovrabile. Basta emozionare (ah, queste parole magiche che aprono tutte le porte e ritornano in tutte le interviste!). Siate intonati o meno. Sid Vicious non è Demetrio Stratos. Eppure. Battisti non è Mina. Eppure. Kurt Cobain non è Freddie Mercury, Francesco Guccini non è David Bowie e Paolo Conte non è Jeff Buckley. Eppure, eppure, eppure.
    Destino preconizzato: un domicilio fisso al pronto soccorso.
    Antidoto: evitare di esporsi troppo.

  • IL CANTANTE COVER: è un maniaco delle definizioni. Una cover band non è una tribute band; non è un facile karaoke; non è per tutti. Il cantante cover è un cantante commercialista: fattura il proprio futuro sfruttando le pubbliche frenesie. Il cantante cover è un ragioniere: chi cazzo me lo fa fare di sbattermi per dare qualcosa di mio e di nuovo al pubblico che ama Vasco e i Queen? Vasco e i Queen costano troppo. Io me ne sbatto e guadagno grazie al coro popolare che grida sempre lo stesso motto, stona sempre le stesse frasi: «sei uguale!»; «sei uguale ma hai interpretato con la tua sensibilità»; «questa versione è meglio dell’originale». Il cantante cover vince sempre. Perché? Perché conosce le meccaniche umane. Avete memoria di una cover band di Alessandro Mara? Avete memoria di Alessandro Mara? (Attualmente svolge la professione di avvocato, recita la voce enciclopedica on line). Il cantante cover sceglie in base due: o miti internazionali o miti nazionali.
    Destino preconizzato: il migliore amico dei locali.
    Antidoto: apocalisse artistica.

  • IL CANTANTE USA E GETTA: copia e fotocopia, il cantante usa e getta è frutto dei talent show e dei manager che ben conoscono le regole del mercato (sia pop, sia indie, sia... Sia...).
    Destino preconizzato: una stagione di successo. Una vita da dimenticato.
    Antidoto: sudore e sangue. Vai a lavorare!

  • IL CANTANTE DI FORTUNA: è arrabbiato. Solitamente è un musicista. Non trovando cantanti disposti a prestare la voce per un progetto non adeguatamente retribuito, il tapino furioso si presta a cantare pur di esibirsi coi suoi amichetti e per i suoi amichetti.
    Destino preconizzato: gattaro.
    Antidoto: circuire un cantante serio.

  • IL CANTAUTORE: è un cantante? È un poeta? È un menestrello? È un autore? È un ibrido? È un orgoglio dell’Italia? Chi può dirlo... L’unica certezza è che è morto. Anche quando sembra vivo, il cantautore è un cantautore già morto perché il suo pubblico dirà le stesse cose. A lui come a chiunque altro: «hai detto quello che avrei voluto dire io». «Sì, sei un genio perché rendi facile qualcosa di difficile». «Tu canti col cuore e parli al cuore». «Le tue canzoni sono poesie».
    Destino preconizzato: imitatore di Fabrizio De Andrè.
    Antidoto: ma ‘ndo vai se quattro ottave non le hai? Bel cantautore, attaccati a ‘sto trattore...

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